lunedì 21 luglio 2008

C'è un tempo per ogni cosa.

La scorsa settimana ho spedito una lettera ad un mio amico.Era da tanto che non lo facevo, ma è sempre emozionante.La scelta della carta da lettera, il francobollo, i pensieri da tradurre in parole, i saluti e la firma, segno distintivo della relazione che hai instaurato.Un nome che dice che stai mettendo tutta te stessa in quelle poche righe, in quei pochi fogli.
La scelta della penna, dei disegni per abbellire le busta.A me piace disegnare qualcosa con gli acquerelli.

E poi c'è il tempo dell'attesa, che va dal momento in cui infili la busta nella buca rossa fissata sul muro della posta, al momento in cui ti arriva la lettera di risposta.
Un tempo che non ha tempo, perchè a volte, tanti possono essere i motivi di una non risposta.
Di solito però, quella arriva.
Magari dopo tanto tempo, ma arriva.E quello è il momento tanto atteso, quello desiderato ogni giorno, controllando con precisione la posta in arrivo.

Poi c'è l'apertura della busta, spesso fatta senza danneggiarla troppo, magari con un coltello.
E poi la lettura delle parole scritte in risposta a quelle domande che magari avevi fatto due settimane addietro.I saluti e le firma.

Oggi ho riflettuto sul tempo dell'attesa.
Quello spazio fatto di speranze e desideri che intercorre tra una azione e un avvenimento desiderato con tutto il cuore.E' un tempo amato.
Il tempo dell'attesa ha un valore intrinseco straordinario perchè esula da qualsiasi forma di valutazione economica.Ne potrebbe passare tanto ma non importa, quello che realmente importa è ciò che aspettiamo.Evento, cosa o persona che sia.

Che ci fa dire:eccoti qui finalmente.
E' da tanto tempo che ti amo.

martedì 15 luglio 2008

Serata per due.

Ieri sera sono stata a Bologna con alcuni amici per ascoltare un concerto di un gruppo scozzese.Bellissima serata.
Era la prima volta che andavo a Bologna di sera e se posso dirlo, sono rimasta un po' sconvolta.Sono rimasta colpita dall'umanità che la popola, che gira nelle strade, che vive.Un'umanità che ha i rasta, che cammina con il cane, che è trasandata e spesso barcolla tra la gente.Che ti chiede una cartina, che ti ferma per domandarti se hai una paglia, che si avvicina senza denti con due bottiglie in mano e ti tiene un monologo sui barboni a la loro invidia per la gente che mangia la pizza in pizzeria.Talvolta questa umanità ha un nome:Gennarino.Uomo innocuo ma sicuramente da incontrare in compagnia di un'amico.Come tutta l'umanità di Bologna.

Piccolo e cervellotico omaggio ad una band che ha la mia stima.

Ogni tanto trovo qualche canzone in inglese di cui riesco a capire più o meno tutto il testo, ma sono casi rari, generalmente colgo qualche passaggio qua e là.
A volte mi bastano questi brevi lampi per farmi un'idea del messaggio della canzone. Idea del tutto personale, del resto, che non coincide necessariamente con la verità, ma da quel poco che colgo mi piace immaginare e trovare il mio messaggio. Traduco il ritornello, o solo un verso o il titolo solamente e quello che ottengo non è una serie di concetti e riflessioni, ma un'idea limpida e pulita, un messaggio chiaro, più spesso una situazione unica e semplice. Situazione che rispecchia un momento della mia vita, un lato del mio carattere, una parte dei miei pensieri. La canzone diventa un simbolo, un'icona, un inno.
In questo modo Boys don't cry diventa un sorriso coraggioso di fronte ad ogni tipo di dolore, Heroes è la convinzione di poter essere qualcuno, We are the champions ne è la conferma. Semplici intuizioni senza il fardello di tanti altri pensieri.
Nel loro piccolo, anche i sei ragazzi scozzesi semisconosciuti che compongono i Camera Obscura - da quasi un anno sul mio iPod, finalmente ieri dal vivo in Italia - hanno fatto la loro parte nel regalarmi questo genere di emozioni. Lloyd, I'm ready to be heartbroken, Let's get out of this country, If look could kill... Mentre penso e mi compiaccio della schiettezza di queste immagini, mi rendo conto di quanto sia difficile per me esprimere chiaramente questo concetto di cui ho parlato fino ad ora. Forse un giorno ne farò una canzone, in inglese.

mercoledì 2 luglio 2008

Così.

Domenica 8 giugno si è sposata mia sorella: una splendida celebrazione, una festa bellissima.Tanta gente, tanti palloncini,tante chiacchiere, un clima di gioia, allegria e condivisione che penetrava tutto.
Hanno partecipato in tanti tra parenti, amici, bambini, famiglie e chi più ne ha più ne metta.
Hanno partecipato anche i nipoti di mia zia Anna con le loro famiglie:Mirella insieme a sua figlia Chiara e a suo marito Claudio, Fabio insieme a sua moglie Michela e al piccolo Luca.

Quando hanno ricevuto l'invito non erano certi di venire, la cosa li imbarazzava dato il nostro grado di partentela non troppo stretto.Ma una festa è una festa e quando si condividono i valori e le gioie non servono etichette o classificazioni formali.
Soprattutto Claudio ha spinto la moglie a partecipare: era molto contento del matrimonio di mia sorella e condivideva fortemente le scelte di stile sottese alla festa ( offerte al posto dei regali di nozze, festa all'aperto in cui erano invitati tutti, tortafritta e salume....insomma poche formalità e tanta, tanta gioia e amicizia)

Mirella,Claudio e Chiara sono stati contentissimi del matrimonio, se ne sono andati via raggianti.

Nonostante non fosse la prima volta che li vedevo, mi hanno lasciato una splendida sensazione: quella di una gran bella famiglia.Di quelle gioiose e aperte alla gioia.

Stamattina Claudio, che attraversava la strada sulle stisce pedonali è stato investito da una macchina.Elettroencefalogramma piatto.Praticamente morto.
E' stata questione di un attimo.
E di colpo una famiglia è disintegrata.