giovedì 31 maggio 2012

Hula hop

Lèa era una bambina un pò speciale, la sua testa di riccioli scomposti spesso si perdeva in mezzo alle nuvole mentre i suoi piedini, freschi e affusolati stavano rinchiusi in scarpe troppo pesanti per poter prendere il volo. Lèa aveva una pancia abitata da tanti pensieri che a volte più veloci, a volte un pò più lenti facevano la spola su e giù, dalla testa alla pancia, dalla pancia ai piedi. Su e giù, giù e su. A volte roteavano un pò di qui e un pò di là, come un hula hop. Erano capaci di ruggire, di illuminarsi ad intermittenza come le lucciole nelle prime sere calde della primavera, a volte strisciavano silenziosi come serpenti per raggomitolarsi al centro dell'ombelico. Rimanevano lì, a farle compagnia, senza mai uscire. Nessuno che andasse nella savana, nessuno che tornasse nei prati alla luce della luna, nessuno che tornasse ad accarezzare la terra. Lèa non si sentiva sola, c'erano le parole dei suoi pensieri a farle compagnia. Talvolta diventavano troppi: il loro correre su e giù dalla punta dei riccioli a quella dei piedi, a volte la confondeva. La bambina non riusciva proprio a liberarsi da quel tumulto di sensazioni; sentire le loro vibrazioni attraversarla la faceva sentire viva. La ragione profonda per la quale Lèa teneva tutti quegli animali dentro di sè era perchè aveva una paura matta: se poi i pensieri appuntiti, velenosi e feroci.. una volta fatti uscire da quel turbinio l'avessero azzannata? E se invece avessero fatto del male a qualcuno a lei caro? Nella pancia li poteva controllare. Ne era l'unica padrona, l'unica in grado di tenerli a bada. Certo, erano capaci di farle male ma perlomeno si fermavano lì, al limite più esterno delle sue cellule. Senza contaminare nessuno. Senza ferire nessuno. In tutto quel movimento c'erano anche pensieri soffici, leggeri e colorati come le ali delle farfalle. Alcuni erano capaci di tenerle dolcemente compagnia come le fusa dei gatti, altri ancora pieni di fantasia, andavano e venivano come le rondini che annunciano i profumi della primavera che sboccia. Al mattino cinguettavano facendo roteare con grazia tutti i suoi riccioli,alla sera soffiavano dolcemente come la brezza che sorregge e accompagna le foglie che cadono in autunno. Per Leà però i ruggiti dei suoi pensieri erano talmente forti da farle dimenticare le note dolci di alcuni altri e la sola idea di poterli condividere con qualcuno la spaventava:c'era dentro di lei un mondo di parole e pensieri talmente grande da fare ombra su tutto. L'agitazione di questi pensieri le aveva fatto dimenticare tante cose..soprattutto come slacciare quelle scarpe che con la loro pesantezza la ancoravano al terreno. Leà non sapeva che forse non era colpa delle scarpe..il giorno in cui avesse deciso di liberarli fuori di sé, tutti avrebbero saputo dove andare tornando ad abitare il cielo, gli alberi, la savana. Ognuno di essi sarebbe tornato al suo posto,senza pungere, senza mordere, senza fare male a nessuno. Si sarebbe alleggerita tornado a seguire, dalla punta dei riccioli alla punta dei piedi, il susseguirsi lento delle nuvole nel cielo.