Anche a voi, almeno una volta sarà capitato.
Una sera tornate a casa e vi dicono che c'è stata una persona a cercarvi. Ha chiesto di voi con una certa insistenza, ma non ha voluto aspettare, non ha detto chi era nè perchè vi cercava. Non riuscite a sapere niente di più. Al massimo riuscite a stabilire se era uomo o donna.
Ricco o povero?giovane o vecchia? bella? Inutile insistere. Chi andò ad aprire la porta non ricorda niente di preciso, si contraddice, alla fine vi accorgete che pur di rispondere inventa di sana pianta. Tuttavia, da un complesso di piccole circostanze, capite che non si trattava di un comune seccatore, nè di un postulante, nè di uno sconosciuto qualsiasi. Bensì di un altro che portava qualcosa di insolito. Tornerà, concludete alla fine, rinunciando a fantasticare.
E il giorno dopo avete già dimenticato.
Ma il visitatore non torna. E all'improvviso, parecchio tempo dopo, sorge un dubbio sottile: per caso quell'uomo (o donna) non era venuto per un motivo grande e decisivo?Non poteva essere quella, disgraziatamente, l'occasione che non avete mai cessato di sognare e dalla quale l'intera vostra esistenza sarebbe mutata?
Ma voi non eravate in casa.
Per questa stupidissima coincidenza siete mancati al destino.
Mai più lo sconosciuto si è fatto vivo. Tuttavia in alcune profondità dell'animo ancora aspettiamo che ritorni. Invecchiando aspettiamo. Questo forse il motivo perchè certe scampanellate alla porta, esattamente identiche alle altre, ci fanno battere il cuore.
Dino Buzzati, In quel preciso momento.
martedì 1 aprile 2008
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